Nella giornata di venerdì 25 febbraio è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 13, con il quale il Governo è nuovamente tornato a legiferare in materia di cessione dei crediti derivanti dalle agevolazioni fiscali.
L’intervento si è reso necessario per cercare di mitigare gli effetti assolutamente deleteri derivanti delle modifiche apportate all’articolo 121 del decreto Rilancio dall’articolo 28 del decreto Sostegni-ter, che ha introdotto, fra le altre cose, il divieto di cessioni multiple.
Il risultato ottenuto con il provvedimento in questione, finalizzato a contrastare le frodi perpetrate attraverso le cessioni di crediti fiscali, è stato quello di “paralizzare” l’intero settore, improvvisamente privato del mercato secondario.
Il D.L. n. 13/2022 pone parziale rimedio in tal senso, prevedendo che, a fianco della prima cessione consentita nei confronti di qualsiasi cessionario, vi possono essere due ulteriori cessioni del credito che si devono però realizzare a favore di un istituto di credito, di un intermediario finanziario ovvero di un’impresa di assicurazione.
Il mercato secondario diventa così un ambiente “controllato”, in cui sono legittimati ad operare soltanto operatori soggetti alla disciplina antiriciclaggio e quindi tenuti a rispettare la previsione del quarto comma dell’articolo 122-bis del decreto Rilancio che impone, laddove ricorrano le condizioni previste per la segnalazione di un’operazione sospetta dal punto di vista del rischio di riciclaggio, di astenersi dall’acquisizione del credito.
Viene poi inserito nell’ambito dell’articolo 121 del decreto Rilancio un nuovo comma 1-quater, che prevede che i crediti derivanti dall’esercizio dell’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito d’imposta non possono formare oggetto di successive cessioni parziali e a ciascuno è attribuito, a tal fine, un codice identificativo univoco da indicare nelle comunicazioni delle eventuali successive cessioni: queste nuove previsioni non si applicano però da subito, ma soltanto con riferimento alle comunicazioni della prima cessione o dello sconto in fattura inviate all’Agenzia delle entrate a partire dal 1° maggio 2022.
Per contrastare le frodi, il Governo chiama in causa anche i tecnici abilitati a rilasciare le asseverazioni previste dalla normativa, con una previsione molto invasiva che è stata oggetto di pesanti critiche da parte degli Ordini professionali di riferimento.
Nell’ambito dell’articolo 119 del decreto Rilancio viene inserito un nuovo comma 13-bis1 che prevede che il tecnico che, nel rilasciare asseverazioni non soltanto in ambito superbonus, ma anche delle altre agevolazioni fiscali, espone informazioni false o omette di riferire informazioni rilevanti sui requisiti tecnici del progetto di intervento o sulla effettiva realizzazione dello stesso ovvero attesta falsamente la congruità delle spese, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 euro a 100.000 euro, con l’ulteriore aggravante che se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per se’ o per altri la pena è aumentata.
Viene inoltre modificato il comma 14 dell’articolo 119 imponendo ai soggetti che rilasciano le asseverazioni di dotarsi di una copertura assicurativa con massimale pari agli importi degli interventi asseverati: anche in questo caso la previsione appare particolarmente penalizzante.
Nel caso di crediti oggetto di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria, il loro utilizzo viene sostanzialmente “congelato”, con la possibilità di beneficiarne una volta cessati gli effetti del provvedimento di sequestro, “recuperando” l’intervallo temporale intercorso nel frattempo.
Un’altra previsione rilevante è quella riguardante l’applicazione dei contratti collettivi del settore edile da parte delle imprese: per i lavori di importo superiore a 70.000 euro, l’accesso ai bonus fiscali richiederà infatti la verifica che i lavori siano eseguiti da parte di datori di lavoro che applicano i contratti collettivi del settore edile, nazionale e territoriali, stipulati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Tale circostanza dovrà risultare dall’atto di affidamento dei lavori e venire indicato nell’ambito delle fatture che verranno emesse: la norma impone al soggetto che appone il visto di conformità di appurare il rispetto di tale condizione.
Questa novità non entra però in gioco immediatamente, applicandosi ai lavori iniziati successivamente al decorso di 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto: dunque a partire dal 28 maggio 2022, essendo il decreto entrato in vigore sabato scorso.
Villani Rag. Savino